Gli insegnanti e la ministra Fedeli

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Premetto  che non ho mai giudicato la qualità di una persona dal suo titolo di studio, se fosse necessario dichiararlo.  Anzi ho avuto modo di conoscere  molti laureati coglioni o disonesti e moltissimi non laureati capaci e integerrimi.
Tuttavia la questione dei titoli di studio della nuova ministra Fedeli, che non mette piede nelle aule di una scuola pubblica da oltre 50 anni, non può essere sminuita e rapidamente dimenticata perché pone delle questioni che non si possono accantonare.

  1. La neo-ministra Fedeli ha inserito nel suo curriculum la dicitura “laureata in Servizi Sociali”. Può aver volutamente mentito per un malinteso senso di inferiorità, oppure può aver dimostrato di non sapere la differenza tra un corso professionale alla scuola per assistenti sociali dell’associazione Unsas di Milano (peraltro benemerita) e un corso di laurea di un’università pubblica. Nel primo caso dovrebbe dimettersi per aver mentito. Nel secondo caso dovrebbe dimettersi perché la sua ignoranza e faciloneria non è compatibile con la carica di Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica.

  2. I dipendenti della ministra Fedeli sono per la maggior parte insegnanti laureati a cui negli scorsi anni si è chiesto di acquisire punteggio con master post-universitari e di abilitarsi attraverso lunghi corsi post-universitari: ad essi è stato detto che la laurea non era sufficiente per insegnare. Oggi a tutti gli insegnanti si impone di partecipare a corsi di formazione fuori orario di lavoro e fuori contratto di lavoro. Ad essi è stato detto che comunque dovevo riqualificarsi e formarsi per poter continuare a lavorare. Come potranno ora accettare che a decidere sulle questioni che li riguardano sia un ministro senza diploma e senza laurea, il cui ultimo contatto con la scuola pubblica risale a quando aveva 16 anni negli anni ’60?

  3. La sua vicenda si somma a quella del sottosegretario Faraone (fino a pochi mesi fa universitario “fuori” corso) che ha buttato il suo rancore verso la scuola e la sua frustrazione di studente fallito nella gestione del suo ufficio.

  4. L’Italia  tra i paesi europei, e non solo, ha la particolarità di avere un minor numero di laureati, peraltro meno pagati in proporzione ai non laureati. Questo è in relazione alla questione della neo-ministra senza diploma e senza laurea? Sicuramente sì, e questo lo lascio alla riflessione del lettore.