Per non dimenticare Berlinguer

Berlinguer
L’ex ministro Berlinguer, autore di una riforma scolastica che non riuscì a compiere interamente, appoggia la “Buona Scuola”

La buona scuola di Renzi il rottamatore affonda le sue radici nei passati decenni, con la singolare capacità di dare seguito a idee vecchie e dannose e di far risorgere dal dimenticatoio della storia vecchie figure politiche che si pensava giunte al definitivo pensionamento.

Luigi Berlinguer, cugino di Enrico e memorabile ministro dell’Istruzione negli anni ’90, infatti ha fatto, fin dalla presentazione del disegno di legge, risonanti dichiarazioni a favore della “Buona Scuola”, sulla falsariga del concetto “bisogna cambiare”, per far cosa non si sa e non importa.
Questa ennesima e per ora ultima riforma della scuola richiama tutti i principi a cui si ispirava questo ingiustamente dimenticato ministro dell’Istruzione.
Ma bisogna ricordare da dove viene questo vecchio solone che ci ammaestra dall’alto della sua autorità.

Negli anni ’70 Luigi Berlinguer, mettendo a frutto un cognome importante, mise radici a Siena, sia nell’Università, sia nel Monte dei Paschi, sia come consigliere regionale del PCI.
Facendo carriera diventò rettore dell’Università per dieci anni, fino al 1994, dando inizio all’enorme buco di bilancio di 300 milioni che negli anni dopo avrebbe messo in ginocchio la prestigiosa istituzione.
Il figlio entrò all’università di Siena, nel Cda dell’aeroporto di Lampugnano (oggetto di inchieste memorabili) e in quello di AmbroVeneta (la banca il cui acquisto ha fatto crollare il MdP).

Luigi Berlinguer, già pensionato, rientrò di forza all’università per poi prendere il volo, senza lasciare il ruolo di feudatario senese attraverso amici e clienti, verso il Parlamento e il Ministero della Pubblica Istruzione. In tale veste voleva imporre una riforma dei cicli scolastici e un famoso “concorsone” che contribuì alla sconfitta elettorale della sinistra.
Più densa di conseguenze la riforma università del ministro Berlinguer, cosiddetta ” 3+2″, che ha ferito a morte la qualità didattica di tutti i corsi di laurea, senza che i corsi triennali abbiano assunto alcun carattere professionalizzante.

Ora, carico di prebende, è tornato a predicare di riforme, avendo capito che il PD ha accolto integralmente le sue “idee”.